Per il momento si tratta di una bozza. La presentazione della versione ufficiale del documento, se sarà confermata, è programmata per il 30 novembre, cui seguirà un iter, comunque, né breve né banale fino all’entrata in vigore.
Ma i motivi di allarme destati dalle anticipazioni sul contenuto del nuovo Regolamento europeo sulla gestione degli imballaggi ci sono, tanti e molto concreti. I principali:
- la forma di Regolamento, che sarà subito operativo in tutto il territorio dell’UE. All’aspetto positivo di uniformità normativa, si contrappone la mancanza di possibilità di recepimenti territoriali differenziati. In termini di fonti normative, la contraddizione che si produrrebbe tra una Direttiva Rifiuti, recepita a proprio modo da ogni singolo Paese, e un Regolamento unico, che va a disciplinare solo uno (sebbene rilevante) dei flussi (quello degli imballaggi) che producono rifiuti;
- l’imposizione di obiettivi drastici di riduzione degli imballaggi. -15% nel 2040 (-5% nel 2030, -10% nel 2035). L’UE pone obiettivi stringenti di riduzione complessiva degli imballaggi, in continuo aumento anche più del Pil. Obiettivi che sembrano prescindere da uno studio accurato sui motivi reali che fanno crescere gli imballaggi (stili di vita, e-commerce, funzionalità degli imballaggi nel favorire la logistica e nel garantire igiene, sicurezza, salvaguardia sprechi alimentari…) e prescindere anche dai materiali con i quali tali imballaggi sono realizzati;
- la definizione di obiettivi di riutilizzo: dal 30% al 95% nel 2040 per bevande, 75% cibo da asporto e ristorazione veloce, 80% imballaggi da trasporto. Il riutilizzo, insieme alle norme contro gli extra imballaggi, sembra quindi essere la strada indicata dal regolamento per ridurre gli imballaggi. Non c’è dubbio che, nella gerarchia della gestione dei rifiuti, il riuso sia preferibile al riciclo: ma appare contestabile spingere sul primo a prescindere da analisi precise (LCA o LCC) sulle valutazioni di impatto, sulla reale sostenibilità economica e ambientale del riuso verso il riciclo. L’importanza dell’approccio scientifico è ribadita da uno studio comparato condotto da EPPA (European Paper Packaging Alliance) su alcune tipologie di pack monouso in carta per l’asporto degli alimenti, in cui si evidenzia che il passaggio ad alternative riutilizzabili comporta svantaggi in termini energetici e di emissioni anziché vantaggi (qui il link all’articolo del Corriere della Sera che riporta la notizia e al filmato esplicativo dello studio diffuso da EPPA);
- la lista negativa di imballaggi vietati o considerati non riciclabili a tendere: divieto immediato per alcune tipologie (imballaggi in plastica o compositi per prodotti ortofrutticoli freschi, per alimenti e bevande in Horeca); dal 2030, per imballaggi ritenuti non riciclabili (base carta con plastica non separabile; barriera/rivestimenti). La definizione di riciclabilità introdotta dallo stesso Regolamento spiega che un imballaggio è da considerare riciclabile solo se c’è un effettivo sistema industriale di selezione e avvio a riciclo, ma poi presenta liste negative, a prescindere dal fatto che molti degli imballaggi in questione, in Italia per esempio, sono riciclabili e riciclati.
Per l’industria lo scenario è molto preoccupante: 700 mila aziende possono essere colpite solo in Italia, con impatto su 6,3 milioni di dipendenti e su un mondo produttivo che fattura 1.850 miliardi di euro. A tracciarlo è il Sole24Ore (cliccare qui per leggere l’articolo) a partire da dati forniti dal Conai, il Consorzio nazionale imballaggi, a cui sono associate praticamente tutte le aziende interessate alla normativa, a cui sono da aggiungere le imprese del settore agricolo, della logistica e dell’Horeca che pure con il packaging lavorano, e i produttori di macchine per imballaggi.
Netta la reazione di Confindustria, il cui delegato per l’Europa, Stefan Pan ha dichiarato (qui la posizione completa): “È necessario posticipare la presentazione della proposta di Regolamento, occorre il tempo di far comprendere l’impatto devastante su diverse filiere italiane ed europee e su un sistema d’eccellenza quale è l’industria del riciclo. Nessuno si sta rendendo conto dell’impatto che avrebbe su molte filiere, con conseguenze pesanti sull’industria alimentare, cosmetica, farmaceutica, chimica, su quella dei dispositivi medici, della cura della casa, della ristorazione e della logistica. Senza contare ovviamente quella del riciclo, per cui siamo campioni europei”. Per i dettagli della proposta di normativa, si rimanda al documento di sintesi messo assieme da Confindustria (cliccare qui per il pdf).
L’azione di Confindustria è stata già recepita anche dal Governo, sensibilizzato a salvaguardare gli interessi del nostro Paese, leader nell’economia circolare, eccellente produttore di imballaggi e della relativa tecnologia, esportatore in tutto il mondo del Made in Italy, alimentare e non. Il Ministero Italiano per l’Ambiente e la Sicurezza Energetica con una nota dello scorso 4 novembre (qui il testo completo) afferma: “La proposta di regolamento sugli imballaggi circolata nei giorni scorsi ci lascia perplessi, sia per il veicolo normativo scelto, un regolamento, che non lascia alcuna flessibilità di applicazione, sia per i contenuti” .
Il tema è oggetto di grande preoccupazione in tutta l’industria europea, dove si registrano reazioni forti e immediate delle associazioni sia della filiera della carta, sia dell’imballaggio. Più di 60 associazioni della catena del valore degli imballaggi riunite in EUROPEN hanno rilasciato una dichiarazione congiunta (qui il testo), trasmessa alla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ed ai Commissari competenti, in cui esprimono “serie preoccupazioni in merito all’approccio adottato dalla Commissione nella sua revisione delle norme UE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio”.
Questa la situazione ad oggi, con l’intero panorama industriale mobilitato per indurre le istituzioni europee a scelte più adeguate e consapevoli, delle quali sarà fornito puntuale aggiornamento. In gioco c’è il futuro dell’industria europea, con riflessi pesanti in particolare su quella italiana e non limitatamente alla filiera della carta e del packaging.